La Commissione consiliare congiunta di qualche giorno fa infonde più di una speranza che il calvario dell’aeroporto Verdi di Parma possa finire e una soluzione essere trovata (leggi).
Già, perchè in questi anni l’Unione Parmense degli Industriali si è dissanguata per mantenere in vita un’infrastruttura strategica per il territorio quale è l’aeroporto. Se non ci fosse stato l’Upi a ripianare i debiti ogni anno, oggi la possibilità di un rilancio del Verdi in chiave passeggeri sarebbe impossibile. La città non può non riconoscerlo, deve riconoscerlo.
Il sacrificio dell’Upi, fino a ieri percepito come il potere forte della città, purifica e trasfigura l’associazione, prima ancora nelle finalità che nella pratica, prima ancora nella sostanza che nell’immagine.
L’Upi si è immolato per la salvezza della città. Sì, è stato aiutato dalla Gazzetta di Parma a portare la croce come fece Simone di Cirene con Gesù sulla strada verso il Golgota, ma alla fine ha avuto tutti contro. Quando alle elezioni venne domandato alla massa persuasa dalle profezie del Comitato No Cargo se essa volesse la testa dell’UPI o di Barabba, il popolo pretese a gran voce quella degli industriali. Alzarono la mano anche tutti i sommi sacerdoti immortalati in un’icona storica.
Chi è rimasto impavido sotto la croce, come Maria Maddalena, è stato Andrea Marsiletti, filo-padronale fino alla fine.
Di certo non Effetto Parma che, dopo aver assecondato in ogni modo il progetto cargo, per salvarsi la pelle disconosce l’Upi, come fece Pietro con Gesù quando il gallo cantò tre volte.
Non c’è neppure Dario Costi che, alla guida di Azione di Carlo Calenda, notoriamente il partito dei padroni, aveva baciato l’Upi. Ma il suo era il bacio di Giuda.
L’Upi, inchiodato alla croce, in un momento di straziante e umana debolezza, grida al cielo: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (“Elì, Elì, lemà sabactàni?” in aramaico), ripensando agli anni in cui avevano santificato la kermesse di “Parma Capitale della Cultura” e benedetto la candidatura a sindaco di Michele Guerra, che nel frattempo era stato illuminato dallo spirito lavagettiano alla cena attorno a un umile desco in quel di Sole insieme ai suoi discepoli prediletti.
Guerra è il Dio buono che li fa mettere in croce non per punirli ma per glorificarli, indicando e costruendo insieme a loro e all’opposizione la strada della salvezza verso l’aeroporto di Orio al Serio di Bergamo.
E’ possibile che il calvario possa prolungarsi ancora per qualche mese, che la pista verrà un pò allungata, ma la luce si vede.
E’ da mettere in conto che la frangia deicida del Sinedrio non si accontenterà della crocifissione e chiederà la chiusura stessa dell’aeroporto, in realtà desiderio inconfessato fin dall’inizio. Ma quelle parole nessuno le ha mai pronunciate, non si leggono nelle scritture.
Si leggerà invece la scritta “UPI” sulla croce all’ingresso del Verdi a imperitura memoria di quel martirio.
“Tutto è compiuto” disse Gesù sul punto di morte a significare che ogni cosa si era svolta, fino al dettaglio, secondo il misterioso piano d’amore stabilito dal Padre.
Qui di certezze non ce ne sono ancora, ma tra qualche anno il Verdi potrebbe finalmente volare e i suoi aerei passeggeri ascendere al cielo come colombe bianche.
Nei cieli di una città pacificata dal Dio buono.