In questi giorni sono emersi sulla stampa una serie di interventi, da parte di esponenti politici locali, sul futuro della nostra città verso le elezioni del 2022.
Partendo dal presupposto che nulla è scontato e meno che mai scritto, ciò che emerge è la necessità di un cambiamento, di un diverso sguardo al domani per Parma. Non può che farci piacere leggerlo: fin dalle premesse Parma 22-32, laboratorio politico che abbiamo avviato due mesi fa, si è posta l’obiettivo di “invertire” i processi, partendo, per tempo e non nel rush finale della corsa al programma elettorale, dall’ascolto di chi dalla politica è spesso lontano, come i giovani, ma non solo. Non è facile capire le dinamiche politiche di Parma: ci sono troppi riferimenti a storie passate, a rapporti personali, a fatti ormai lontani, ma che sembrano condizionare ancora la discussione di oggi, che invece dovrebbe interessarsi ai problemi del presente. La politica degli “ex” è incomprensibile e lontana perché spesso ragiona con schemi appartenenti al passato. Dobbiamo guardare al prossimo decennio, in cui, per dirne una, ci è richiesto di ridurre le emissioni di smog del 55%. Ben venga allora un cambiamento di paradigma, che veda alleanze basate sulle visioni per il futuro giocate in piazza e non nei salotti.
La politica non s’improvvisa: occorre studio, approfondimento, servono competenze, ma bisogna fare attenzione a non confondere l’esperienza con la riproposizione di schemi ormai troppo maturi, così come, d’altra parte, l’innovazione con l’improvvisazione. “La virtù sta nel mezzo” si dice e in mezzo alle persone, per conoscerle, bisogna starci. La pandemia non aiuta di certo, ma ciò che stiamo cercando di fare è proprio questo: confrontare le nostre esperienze, il nostro bagaglio di conoscenze, con quelle degli altri, perché nessuna buona idea può essere definita tale senza un confronto con la realtà. Siamo rimasti sorpresi noi stessi dal constatare, nel primo incontro di Parma 22-32 dedicato alla cultura, la lontananza tra le offerte della Capitale della Cultura e la reale conoscenza e fruizione di eventi e circuiti culturali della città.
È un segno che Parma non sta bene. Il discorso è generale, perché la pandemia ha rivelato tutti i problemi e le lacune di un sistema che da decenni non mette le persone al centro, ma un certo tipo di sviluppo, insostenibile. Crescere, costruire, ampliare le possibilità sono e devono restare obiettivi al centro delle politiche territoriali, ma tutto deve essere finalizzato alla qualità della vita dei cittadini, altrimenti l’operazione perde di senso, se non per i pochi che hanno interessi personali. Una città con una pessima qualità dell’aria, con quartieri privi di verde e di servizi, dove occorre prendere l’auto anche solo per acquistare il pane, dove per gestire i figli bisognerebbe “moltiplicarsi” non è una città appetibile per investire in un progetto di vita. Il modello dei centri commerciali, nella pandemia, ha mostrato tutti i suoi limiti. Non tornerà “tutto come prima”, non fosse altro per i traumi subiti dalla collettività. La spinta sull’e-commerce è fortissima.
Vanno ripensate le priorità del quotidiano, perché non è più immaginabile un contesto in cui, in caso di emergenza, la vita familiare e il lavoro, specialmente femminile, dipendono dalla scuola in dad (Didattica a distanza) o da quarantene per i figli, obbligando ad un telelavoro che di smart working ha ben poco. Vanno ripensati i servizi di prossimità, i quartieri dormitorio, il welfare di zona. Sono problemi che vengono da lontano, ma che prima della pandemia riguardavano solo alcuni: ora rischiamo di restare indietro tutti. I sondaggi realizzati dai maggiori istituti di statistica parlano di un desiderio non tanto di ritorno alla “normalità” di prima, ma a una normalità migliore, fatta di maggior tempo per sé e gli affetti, di maggior qualità dell’ambiente in cui si vive, delle relazioni, della propria salute. Meno status symbol e più realizzazione personale. Parma può diventare davvero un laboratorio interessante e sperimentale: una città in 15 minuti nella quale vivere, portare la propria impresa perché, già si sa, sarà attrattiva per i dipendenti, dove studiare perché l’offerta formativa è alta, ma sono tante anche le possibilità extra formative. Una città da scegliere e non da “mordi e fuggi”, con una sua identità riconoscibile.
Partiamo da qui quindi: confrontarci per capire cosa desideriamo, che “bello” vogliamo costruire per Parma, poi si capirà chi ha voglia di incarnare questi progetti, di costruire relazioni di fiducia. Le relazioni si vivono, non si costruiscono altrove per poi applicarle come regole matematiche. L’alleanza che funziona sulla carta non vuol dire che funzioni nel mondo reale e a noi l’esercizio di bravura non interessa.
È tempo di stare nel mondo reale.
Chiara Bertogalli
Caterina Bonetti
Manuel Marsico