3 gennaio 1925: nasce la dittatura fascista (di Stefano Gelati)

SMA MODENA

Roma – 3 gennaio 1925 – pomeriggio – aula della Camera dei deputati.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, Capo del Fascismo, Benito Mussolini, pronuncia un discorso nel quale respinge tutte le accuse che gli sono state mosse dopo il delitto del deputato socialista unitario Giacomo Matteotti, del 10 giugno 1924, ad opera della “CeKa,” la polizia segreta a disposizione del Partito Fascista, assumendosi la responsabilità politica, morale, storica di quanto é avvenuto e annunciando provvedimenti che avrebbero chiarito la situazione su tutta la linea.

Con questo discorso si chiuse la crisi politica e istituzionale seguita al delitto Matteotti, dal punto di vista politico segnò l’inizio della dittatura fascista.

Vediamo quali sono state le tappe salienti di quei sette mesi del 1924 nei quali tutte le analisi storiche evidenziano che il Governo Mussolini poteva cadere.

Nei giorni successivi al 10 giugno, quando la notizia era solo quella del rapimento dell’onorevole Matteotti, Mussolini in un discorso alla Camera manifestò l’impegno del governo per assicurare alla giustizia gli autori del reato, cercando da svincolarsi dalla responsabilità politica dello stesso.

Le opposizioni (Socialisti unitari, Socialisti massimalisti, Comunisti, Repubblicani, Popolari, Democratici sociali, Democratici di Giovanni Amendola) approvarono un ordine del giorno in cui ribadivano che era impossibile la loro partecipazione ai lavori parlamentari finché durava l’incertezza sul fatto di cui è stato vittima Matteotti.

 

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Non era ancora l’uscita dalla Camera delle opposizioni, passata alla storia come la secessione dell’Aventino, rifacendosi ad un episodio dell’antica Roma, che sarebbe avvenuta due settimane dopo.
La scelta degli oppositori, minoranza alla Camera, era chiara, speravano di far cadere il governo sotto la pressione dell’opinione pubblica attraverso anche una intensa campagna giornalistica dei giornali di partito e d’area, come il Popolo, La Giustizia, La Voce Repubblica, Il Mondo ed altri fino ad arrivare al Corriere Della Sera diretto da Albertini,

In quegli stessi giorni le indagini arrivarono molto in alto; il rapimento Matteotti, a Roma, in pieno giorno, aveva avuto dei testimoni che permisero d’individuare l’automobile sulla quale il deputato fu caricato a forza e poi soppresso.

Dopo pochi giorni venne arrestato Amerigo Dumini, il capo della banda e i suoi complici, si arrivò presto alla cerchia di persone più vicine a Mussolini, come il segretario amministrativo del partito Marinelli e Cesare Rossi, capo ufficio stampa del duce.

Le ripercussioni politiche furono immediate si dimisero dai loro incarichi il capo della polizia generale e quadrunviro della marcia su Roma del 1922, De Bono e il sottosegretario al Ministero dell’Interno Aldo Finzi.

Mussolini, dopo aver superato la prova della fiducia al Senato, di nomina regia, fece approvare dalla Camera l’esercizio provvisorio di bilancio e con l’appoggio del suo presidente, Alfredo Rocco, ottenne la chiusura della sessione parlamentare fino al mese di novembre. Quindi l’abbandono dei lavori parlamentari delle opposizioni, venne fronteggiato con la chiusura della Camera stessa

La sensibilizzazione dell’opinione pubblica cominciava ad avere degli effetti sull’apparato fascista; le mobilitazioni della parte armata del Fascismo, la Milizia, in alcune città non ebbero successo, le componenti liberali elette nel Listone fascista alle elezioni del 6 aprile 1924, cominciarono ad abbandonare la maggioranza.

La crisi del nascente regime si fece più acuta quando il 16 agosto 1924, venne ritrovato al bosco della Quartanella, a sud di Roma, il corpo di Matteotti.

Mussolini dichiarò ai suoi collaboratori che la sua anticamera, sempre molto frequentata, sembrava:”la piazza di Forlì alle tre di notte”.

L’organizzazione fascista, secondo le varie ricerche storiche, anche in quei mesi, diede evidenti segnali di tenuta in Emilia e Toscana.

Le opposizioni guardavano al re Vittorio Emanuele III che rimase inerte e attendista. Mussolini comprese l’importanza del sovrano nella gestione della crisi e cercò di gratificarlo, facendo giurare, anche, fedeltà alla monarchia alla Milizia fascista. Il re emanò, nel mese di luglio, a crisi Matteotti già iniziata, un decreto del governo fascista che dava rilevanti poteri repressivi in termini di libertà di stampa ai prefetti.

Il 4 novembre 1924, anniversario della vittoria nella Grande Guerra, fu caratterizzato dalla distanza dal governo di una parte delle associazioni combattentistiche che cercarono di esprimere il loro disagio anche in una udienza con il sovrano.

Nel mese di novembre la Camera riprese i suoi lavori, i Comunisti abbandonarono la secessione dell’ Aventino e ritornarono in aula, perché ritenevano che non ci si dovesse limitare ad una astensioni dai lavori ma che le opposizioni si dovevano costituire in un parlamento autonomo.

Il 27 dicembre il giornale Il Mondo, vicino a Giovanni Amendola, pubblicò il memoriale di Cesare Rossi, ex capo ufficio stampa di Mussolini, arrestato e rilasciato in quei mesi, che indicava lo stesso duce come mandante dell’omicidio.

Gli ultimi giorni del 1924 furono a dir poco convulsi. Si diffusero voci di una convocazione del Consiglio dei ministri per decidere le dimissioni del Governo Mussolini. La Milizia fascista organizzò delle adunate in Toscana, i consoli della Milizia, i comandanti, Galbiati e Tarabella, in udienza il 31 dicembre da Mussolini lo posero davanti al dilemma di come uscire dalla crisi politica, ancora come capo del Fascismo.

Questi sono i presupposti che portarono al discorso di Mussolini, alla Camera, del 3 gennaio 1925, come disse il duce la situazione si chiarì subito su tutta la linea: poche ore dopo il ministro dell’Interno Federzoni diramò ai prefetti delle disposizioni in materia di chiusura di circoli e ritrovi sospetti dal punto di vista politico e di organizzazioni che possono raccogliere elementi turbolenti.

Fu il giorno dell’instaurazione della dittatura dal punto di vista politico, il percorso che completò la formazione dello Stato autoritario continuò nel 1925 e nel 1926 con la soppressione dei partiti di opposizione e le leggi fascistissime. Poteva essere il giorno per porre una pietra tombale sul Fascismo, invece si pose una pietra tombale sulle altre forze politiche.

Stefano Gelati