6 settembre 1936: muore l’ultimo esemplare di tigre della Tasmania

Il 6 settembre 1936 muore Benjamin, l’ultimo esemplare di tigre della Tasmania. Il tilacino, noto anche coi nomi di lupo marsupiale, tigre della Tasmania o lupo della Tasmania, è stato un marsupiale carnivoro estinto vissuto in Australia, Tasmania e Nuova Guinea.

Estintosi durante la prima metà del XX secolo, il tilacino rappresentava l’ultima specie vivente della famiglia Thylacinidae, nonché il marsupiale carnivoro di maggiori dimensioni, e, fino a circa 3500 anni fa (data stimata dell’arrivo del dingo in Australia) anche il predatore oceaniano di maggiori dimensioni in assoluto.

Il tilacino era un predatore alfa, cioè si poneva all’apice della catena alimentare, non avendo alcun predatore in natura. Dopo la sua estinzione in Australia, è sopravvissuto in Tasmania fino agli anni ’30, insieme ad altre specie endemiche come il diavolo di Tasmania.

Pur somigliando in maniera impressionante a un cane, specialmente per quanto concernente la conformazione del cranio, il tilacino in quanto marsupiale era solo molto lontanamente imparentato con questi animali, ai quali rassomigliava per un mirabile fenomeno di convergenza evolutiva: i suoi parenti più prossimi, anch’essi abbastanza distanti filogeneticamente, sono considerati il già citato diavolo orsino e il numbat.

Probabilmente scomparso in Australia continentale già prima dell’arrivo dei coloni europei, il tilacino sopravviveva però in Tasmania: la caccia spietata, favorita anche dal sistema di taglie sugli animali uccisi, a cui questi animali vennero sottoposti e con l’alterazione dell’habitat e la competizione col dingo furono causa della sua estinzione ufficializzata nel 1936, anno in cui la specie venne dichiarata protetta dal governo australiano. Grazie alla presenza di un gran numero di resti ben conservati, il tilacino è però una delle specie candidate per la clonazione.

Si stima che il tilacino sia quasi completamente scomparso dall’Australia continentale almeno 2000 anni fa, e probabilmente ancora prima dalla Nuova Guinea; vengono tuttavia considerate attendibili testimonianze di avvistamenti di questi animali in Australia Meridionale (Monti Flinders) e Nuovo Galles del Sud (Blue Mountains) sia da parte di aborigeni australiani che di coloni europei fino al 1830.

Fra le cause della scomparsa del tilacino dall’Australia continentale (ed in seguito della sua completa estinzione) la più citata e generalmente considerata attendibile è l’arrivo del dingo al seguito dell’uomo: tuttavia, specialmente negli ultimi anni questa ipotesi ha perso molta della sua centralità, in quanto si pensa che le due specie non competessero attivamente fra loro (sia perché i dingo sono animali diurni mentre i tilacini erano prevalentemente notturni, sia perché il target di prede era probabilmente diverso nelle due specie), e che in caso di scontri il tilacino, più grosso e forte, avrebbe probabilmente avuto la meglio.

Assieme all’arrivo del dingo, anche la presenza umana fu determinante per la scomparsa del tilacino dall’Australia, così come più in generale per l’estinzione di circa il 90% della megafauna australiana nel tardo Quaternario. Non in maniera diretta, ossia attraverso la caccia, quanto piuttosto si pensa per i cambiamenti effettuati sull’ecosistema australiano, ai quali il tilacino mostrava una particolare vulnerabilità: ne è la prova il fatto che per un buon lasso di tempo, vale a dire finché tali cambiamenti non avvennero, il tilacino continuò a sopravvivere accanto all’uomo, mentre altre specie, cacciate attivamente, andavano incontro all’estinzione una dopo l’altra.

La specie sopravvisse tuttavia in Tasmania: all’arrivo dei primi coloni europei sull’isola, l’animale sembrava essere più comune nel centro-nord dell’isola. Nonostante a causa della sua natura timida e delle abitudini notturne gli avvistamenti fossero rari, ben presto il tilacino guadagnò la fama di ladro di bestiame, e non tardarono ed essere introdotti sistemi di taglie sui capi uccisi: già nel 1830 la compagnia della Terra di Van Diemen introdosse le prime ricompense, mentre fra il 1888 ed il 1909 il governo tasmaniano pose una taglia di un dollaro australiano (circa 122,02 euro attuali) per ciascuna testa di adulto e dieci scellini per cucciolo, pagandone in totale 2184, sebbene si pensi che il numero di animali uccisi fosse ben più consistente.

Alla caccia spietata a cui i tilacini venivano sistematicamente sottoposti si sommava la competizionecon i cani introdotti dall’uomo, la perdita dell’habitat, la sparizione di molte delle prede di questo animale (anch’esse cacciate dall’uomo e dai predatori introdotti) e un’epidemia di cimurro.

Per la somma di tutte le cause summenzionate, il tilacino era diventato estremamente raro e già a partire dagli anni ’20 gli avvistamenti di questo animale erano divenuti un evento quasi eccezionale, tanto che già dal 1901 erano sorti comitati che chiedevano maggiore protezione per questa specie; accortasi di ciò, nel 1928 la commissione per la fauna nativa della Tasmania emise un apposito decreto di protezione di questi animali, proponendo l’istituzione di un’area protetta dove ospitarli fra i fiumi Arthur e Pieman.

L’ultima uccisione di un tilacino selvatico avvenne nel 1930 a opera del fattore Wilf Batty nella porzione nord-orientale dell’isola: Batty sparò all’animale, probabilmente di sesso maschile, dopo averlo osservato aggirarsi per alcune settimane per la sua tenuta.

L’ultimo tilacino in cattività, invece, rimase un esemplare di nome Benjamin: catturato nella Florentine Valley nel 1933 da tale Elias Churchill, venne ospitato allo zoo di Hobart. Il nome “Benjamin” venne assegnato all’animale solo nel maggio del 1968, quando il sedicente allora guardiano dello zoo Frank Darby dichiarò che lo staff era solito appellare familiarmente in tal modo l’esemplare, sebbene non esistano prove a riguardo e anzi la curatrice dello zoo all’epoca Alison Reid e il pubblicista dello stesso Michael Sharland abbiano sempre smentito tale affermazione e addirittura dichiarato di non ricordare Darby come membro dello staff dello zoo.

Lo stesso Darby ha inoltre sempre sostenuto che Benjamin era un maschio, mentre in base a quanto osservabile dalle foto dell’animale esso sarebbe stato in realtà una femmina: la questione è stata risolta solo recentemente, quando, dopo un’attenta analisi di un video risalente al 1933, in alcuni fotogrammi del terzo spezzone di riprese (previo ingrandimento e modifica di contrasto e esposizione) risulta chiaramente distinguibile lo scroto.

Benjamin morì il 7 settembre 1936, rimanendo chiuso fuori dal suo alloggio per la notte e quindi patendo la grande escursione termica fra il giorno e la notte: paradossalmente, 59 giorni prima della morte (il 10 luglio 1936) il governo tasmaniano decretò in maniera ufficiale lo status di specie in pericolo di estinzione del tilacino. Tale ritardo è stato generalmente giustificato con difficoltà di carattere politico che provocavano il continuo slittamento del provvedimento.

Benjamin fu l’ultimo esemplare di tilacino ufficialmente osservato: sebbene si creda che la specie possa essere sopravvissuta nelle aree più remote dell’entroterra tasmaniano fino agli anni ’60, e nonostante gli avvistamenti, le osservazioni di impronte e feci ascrivibili all’animale e l’ascolto di vocalizzazioni compatibili con quelle del tilacino, tutte le ricerche volte all’osservazione di eventuali animali superstiti, nonostante il consistente dispiego di mezzi, si sono sempre risolte in insuccessi. Nonostante ciò, la specie è stata dichiarata estintadallo IUCN solo nel 1982 e dal governo della Tasmania nel 1986: questo perché gli standard internazionali impongono che, per poter sancire in maniera ufficiale l’estinzione di una specie, devono passare 50 anni dall’ultimo avvistamento confermato. Solo nel 2013, inoltre, il tilacino è stato rimosso dall’appendice I della CITES.

Esistono numerosi gruppi e organizzazioni di appassionati, o anche singoli, che continuano a cercare eventuali esemplari di tilacino ancora in vita nelle aree più remote della Tasmania, rifiutando di rassegnarsi a un’eventuale estinzione e scambiandosi pareri ed eventuali reperti su appositi forum.

L’ARFRA (Australian Rare Fauna Research Association) conta ad oggi circa 3800 avvistamenti di tilacino fin dall’avvenuta estinzione della specie nel 1936: secondo altre fonti, gli avvistamenti ritenuti attendibili sarebbero 138 fino al 1998, di cui 65 in Australia Occidentale, oppure 360 in Tasmania e 269 in Australia continentale.

Con l’avvento dell’era del digitale, cominciarono ad apparire in circolazione numerose foto e video di presunti tilacini in Australia e Tasmania, oltre a numerosi avvistamenti, alcuni dei quali hanno goduto di grande rilevanza mediatica almeno in patria: fra i primi si registra un video di una decina di secondi girato in Australia Meridionale nel 1973, nel quale l’animale ripreso non può essere identificato con sicurezza a causa della scarsa qualità dell’immagine: una presunta osservazione di tre minuti del 1982 da parte del ricercatore Hans Naarding portò a estese ricerche (finanziate dal governo) nel settore nord-occidentale della Tasmania, durate un anno ma infruttuose. Tre anni dopo, nel 1985, la guida aborigena Kevin Cameron si rivelò in possesso di cinque fotografie scattate in Australia Occidentale, in cui era raffigurato quello che sembrava un tilacino intento a scavare.

Nel gennaio del 1995 un guardacaccia osservò nelle prime ore del mattino quello che sembrava un tilacino a Pyengana, in Tasmania nord-orientale: le indagini seguite nella zona non mostrarono però alcuna traccia della presenza dell’animale. Nel 1997, alcuni missionari alle pendici del Puncak Jaya, in Irian Jaya, riportarono di aver osservato dei tilacini, avvistamenti confermati dagli indigeni, che affermarono di sapere da anni della presenza degli animali: nell’aprile del 2006, invece, il turista tedesco Klaus Emmerichs mostrò alcune fotografie digitali di un tilacino da lui avvistato nel febbraio del 2005 nel Parco nazionale di Cradle Mountain-Lake St Clair, non sempre ritenute del tutto autentiche e attendibili.

Fin dal 1983, Ted Turner ha offerto centomila dollari a chiunque fosse in grado di fornire prove valide dell’esistenza di tilacini ancora in vita in Australia e Tasmania: nel 2000, tuttavia, tale ricompensa è stata ritirata. Anche The Bulletin, popolare giornale australiano, in occasione del centoventicinquesimo anniversario della testata nel 2005 si dichiarò disposto a offrire 1,25 milioni di dollari a chi fosse in grado di catturare un esemplare vivo e incolume di tilacino, mentre il tour operator Stewart Malcolm arrivò a offrire 1,75 milioni di dollari per un esemplare: va però detto che la cattura e la detenzione del tilacino sarebbero illegali ai sensi delle leggi predisposte per la protezione dell’animale.

Giovane tilacino conservato al National Museum of Australia: a partire da resti del genere, gli studiosi hanno affermato che sarebbe possibile clonare questo animale.

Nel 1999 il professor Mike Archer dell’Australian Museum di Sydney annunciò pubblicamente l’avvio di un progetto di clonazione del Thylacinus. L’intenzione era quella di utilizzare campioni di DNA prelevati da reperti anatomici di cuccioli di tilacino conservati in etanolorisalenti ai primi del XX secolo per tentare la clonazione dell’animale e quindi la sua de-estinzione. L’ambizioso progetto, sottoposto al vaglio di esperti biologi molecolari, venne severamente criticato e giudicato irrealizzabile.

Alla fine del 2002 vennero estratti frammenti replicabili di DNA, ma il 15 febbraio 2005 il progetto venne abbandonato, in quanto il materiale genetico recuperato fu giudicato troppo danneggiato per poter essere utilizzato.

Tuttavia nel maggio 2005 il professor Micheal Archer della University of New South Wales, già direttore dell’Australian Museum e biologo evoluzionista, annunciò che il progetto sarebbe stato portato avanti da un gruppo di università interessate e da un centro di ricerca: appena un mese prima, dopo quattro anni di ricerca e catalogazione, era stato ultimato l’International Thylacine Specimen Database, un database completo di tutti i resti di tilacino conosciuti presenti in musei, università e collezioni private.

Nel 2008 i ricercatori Andrew J. Pask e Marilyn B. Renfree dell’università di Melbourne e Richard R. Behringer dell’università di Austin hanno annunciato di aver isolato dalla pelliccia di un esemplare adulto e dal corpo di alcuni piccoli, tutti conservati in etanolo, il gene Col2A1enhancer, che ha il compito di assemblare la proteina che forma ossa e cartilagini del tilacino. Il gene è stato impiantato in alcuni topi di laboratorio e risulta funzionante: la ricerca ha rianimato la speranza di ricreare un giorno una popolazione di tilacini. Lo stesso anno un altro gruppo di ricercatori sequenziò con successo il DNA mitocondriale del tilacino a partire da due esemplari conservati in museo. Il loro successo apre la prospettiva del sequenziamento completo del DNA nucleare di questo animale a partire da esemplari da museo. Il loro risultato è stato pubblicato sulla rivista Genome Research nel 2009.

Ancora nel 2013 Mike Archer e Stewart Brand, in due interventi indipendenti fra loro alla conferenza TED, citavano il tilacino come possibile candidato alla de-estinzione.

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