“A partire dal primo gennaio le notizie di Parma, come delle altre province emiliano-romagnole, sono pubblicate sulle pagine web di Bologna ((bologna.repubblica.it)”.
E’ questo l’epitaffio apparso ieri sul sito di quella che fu “Repubblica Parma”.
Repubblica Parma ha chiuso dopo 17 anni.
Non ho le conoscenze per entrare nel merito delle motivazioni editoriali di Repubblica nazionale che hanno portato a questa decisione.
A pelle non le comprendo.
Ciò che mi è chiaro è che ha chiuso un sito che raccontava Parma ai parmigiani e dava alla nostra provincia un palcoscenico nazionale quando le notizie locali venivano linkate sulla homepage di Repubblica.it.
La chiusura di Repubblica Parma non è un attentato alla democrazia, alla libertà di espressione, al pluralismo democratico. Non è l’apocalisse. Parma è andata avanti nonostante le serrate di Polis Quotidiano, del quotidiano L’Informazione, Parma Sera, Il Nuovo di Parma, La Voce di Parma, all’incorporazione di Teleducato in TV Parma, tanto per rimanere ai media negli ultimi anni, per non parlare dello spegnimento di numerosi siti d’informazione online. Andrebbe avanti anche senza la Gazzetta di Parma.
Quindi andrà avanti anche senza Repubblica Parma (per non parlare di ParmaDaily, per carità di Dio!).
Le mie prime tappe nelle residenze per anziani a parlare di canone, di Vangelo di Giuda, di resurrezione: che meraviglia! (di Andrea Marsiletti)
Certo, ma Parma oggi è più povera, intellettualmente, culturalmente, ha meno opportunità per conoscersi e farsi conoscere fuori dai suoi confini.
Il dramma di questa città e provincia è che neppure se ne accorgono, non lo capiscono, forse non hanno neppure più gli strumenti per capirlo. Ai parmigiani bastano Instagram e Tik Tok per pubblicare se stessi e le loro vacanze. Facebook, che dà la possibilità di linkare a un contenuto, è già un social troppo impegnativo.
Parma Repubblica chiude nell’indifferenza anche degli pseudo intellettuali nostrani.
Oggi Parma perde un altro suo pezzo, uno dei suoi più importanti, senza colpo ferire, come se nulla fosse, “come un problema loro”. Con lo stesso atteggiamento con cui sta assistendo menfreghista al declino o cambi di proprietà di tanti asset economici, funzioni e istituzioni locali, quando non con godimento, se pensiamo al travaglio dell’aeroporto Verdi.
I più provinciali o, come si chiamano loro, “i parmigiani del sasso“, hanno il loro colpo di coda identitario quando sentono le barzellette in dialetto durante la celebrazione decrepita e insopportabile di Sant’Ilario.
Siamo arrivati al punto che non interessa più niente a nessuno.
Non si reagisce più a niente.
Interessa solo quello che si vede davanti alla porta di casa propria, neppure nella via di fianco.
“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.” (Bertold Brecht/Martin Niemöller)
Di apatia e di silenzi si muore.
Andrea Marsiletti