Dopo gli hotel aprono anche gli agriturismo, ma ripartono da zero: tutte le prenotazioni sono state cancellate. INTERVISTA a Mario Marini, presidente di Confagricoltura Parma

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Mario Marini

“La situazione degli agriturismo è drammatica”.

A lanciare l’allarme è Mario Marini, presidente di Confagricoltura Parma, associazione che racchiude “Agriturist”, un gruppo molto numeroso di strutture del parmense.

Gli agriturismo hanno riaperto lunedì 25 maggio, una settimana dopo gli hotel, dopo quasi tre mesi di lockdown e quindi di reddito zero e con una prospettive non proprio confortanti.

“Tutte le prenotazioni che avevamo – dice Marini, anch’esso titolare di un agriturismo – sono state cancellate già alle prime notizie di diffusione del virus. Alcuni hanno fatto voucher da spendere nelle stesse strutture, altri hanno restituito i soldi delle prenotazioni. Purtroppo non abbiamo potuto contare su mesi per noi importantissimi, marzo, aprile e maggio, tra Pasqua, ponti e cerimonie quali cresime, comunioni, battesimi e matrimoni. Riapriamo con molte incognite, perché nel protocollo regionale ci sono diversi aspetti da chiarire. Abbiamo però alcune certezze: l’aumento delle regole, della burocrazia e dei costi amministrativi che ne conseguono. Faccio un esempio: una scatola di guanti in nitrile oggi ci costa 16 euro: sono prezzi da mercato nero”.

E poi ci sono regole rigidissime per l’igiene e la sicurezza.

“Sì, a parte la pulizia quotidiana, se per caso si ha la sfortuna di avere un caso Covid, la sanificazione, che non può più essere fatta in proprio, ma solo da imprese specializzate e accreditate, ha dei costi proibitivi per realtà come le nostre”.

Avete avuto contributi a fondo perduto o altri sostegni?

“Niente, se non i famosi 600 euro dell’Inps. La cosa positiva è che, in generale, gli agriturismo sono a conduzione familiare con tutti i componenti che lavorano nella struttura e quindi difficilmente ci sono costi aggiuntivi, come possono essere quelli dei dipendenti, per esempio. Però ci sono i costi fissi: le utenze, le tasse, gli affitti. E siamo stati quasi tre mesi a reddito zero. Per coloro che hanno anche collaboratori a tempo determinato o indeterminato le cose vanno ancora peggio…!
Anche il bonus di 500 euro per le vacanze delle famiglie, non credo aiuterà il nostro settore, perché va speso in una unica soluzione. Sarà più utile per chi opera al mare o ai grandi laghi”.

Quali sono dunque le prospettive?

“Contiamo molto sul fatto che le persone, dopo tanto tempo chiusi in casa, abbiano voglia di normalità, di uscire, di stare all’aperto, di immergersi nella splendida natura del nostro territorio. Forse in questo senso gli agriturismo hanno qualche chance in più di richiamare clienti rispetto ai tradizionali servizi ricettivi e di ristorazione”.

Cosa chiedete alle istituzioni?

“Nonostante non abbiamo partecipato ai tavoli regionali per costruire le linee guide per la riapertura abbiamo monitorato costantemente la situazione, scritto documenti e dossier. Quindi vorremmo essere ascoltati. Spiace constatare che, troppo spesso, il nostro settore non venga visto come una parte integrante del sistema della ricettività, ma si pensi ancora che sia qualcosa di avulso, di esterno, di naif, in mera concorrenza con le strutture tradizionali, senza tenere conto che, in determinate zone, soprattutto quelle marginali e svantaggiate, sia rimasta ormai l’unica forma di ricettività e ristorazione”.

Sul fronte dell’agricoltura invece le cose sono andate meglio?

“Sì, non abbiamo avuto nessuno stop sia in agricoltura che in zootecnia. I ritmi sono stati quelli consueti. Gli unici problemi sono stati legati alla mancanza di componenti di ricambio per i macchinari. Inizialmente non erano stati inseriti i codici Ateco corretti dei grossisti, anche se legati a una filiera ritenuta fondamentale. Poi con l’intervento delle associazioni i problemi sono stati risolti. Inoltre abbiamo registrato alcune problematiche in fase di trapianto in alcune aziende di lavorazione del pomodoro per la mancanza di mano d’opera non specializzata. Ma siamo convinti che con la riapertura in fase di raccolta non ci saranno più queste problematiche”.

C’è stato un aumento della produzione?

“No, non abbiamo avuto picchi di domanda, perché siamo legati alla stagionalità. A un certo punto, ci ricordiamo tutti, non si trovava più la farina, in quel caso l’industria ha fatto ricorso ai magazzini di stoccaggio, perchè il nostro grano lo raccoglieremo fra un po’. Chi ha avuto notevoli aumenti di fatturato è stata sicuramente la grande distribuzione. Al contrario, alcuni settori trainanti della produzione del made in Italy sono in ginocchio: penso al settore vitivinicolo, ma anche al calo del valore riconosciuto ai caseifici per la produzione del Parmigiano Reggiano”.

Tatiana Cogo