Fase 2: imprese aperte e scuole chiuse. Le donne fra gestione dei figli e lavoro

La fase 2 è arrivata, molte imprese riapriranno, ma non le scuole, almeno fino a settembre.

Cinque lunghi mesi in cui i genitori dovranno barcamenarsi fra telelavoro, chi ha la fortuna di averlo e baby sitter. Come non ci si era posti il problema della gestione dei figli al momento della chiusura – anche se forse più giustificabile vista l’eccezionale emergenza – non si è fatto ora.

Abbiamo imparato a nostre spese che i nonni sono una categoria da proteggere e non si può oggi continuare a chiedere il loro aiuto senza metterli in pericolo, cosa che invece è avvenuta durante la prima fase di chiusura delle scuole.

Con ogni probabilità chi avrà più problemi saranno le donne, perché da sempre, in Italia, si dà per scontato che siano loro ad occuparsi dei figli così come della cura della famiglia e che quindi o non lavorino o possano rinunciarvi molto facilmente, magari perché guadagnano meno del marito.

E questo cosa comporterà? È evidente che il bonus baby sitter non sarà sufficiente a coprire tutte le ore di lavoro quindi assisteremo a richieste di congedo parentale, aspettativa non retribuita, licenziamenti. E le imprenditrici? Per loro probabilmente sarà ancora più dura.

Dopo tanti anni di tentativi di politiche sulle pari opportunità, arriva l’epidemia di coronavirus a spazzare via quel poco che si era riusciti a costruire e conquistare.

In altri paesi europei si è agito in modo molto diverso. Si è deciso di dare priorità proprio all’istruzione preparando piani dettagliati di ritorno graduale degli studenti in classe a partire dalle prossime settimane. Tra fine aprile e inizio maggio le scuole saranno riaperte in diversi stati: in Germania e Islanda riapriranno il 4 maggio, in Francia, Svizzera e Olanda l’11, in Danimarca sono già aperte. Solo Spagna, Belgio e Gran Bretagna non hanno ancora un piano.

Non è stata dunque ascoltata la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna Elly Schlein che non più tardi del 20 aprile dichiarava “Con la ripartenza delle imprese (e non delle scuole) il rischio è che a stare a casa siano le donne. Non deve passare l’idea che un genitore debba restare a casa a curare i figli mentre l’altro va a lavorare, soprattutto perché tendenzialmente sarebbe la donna e questi non ce lo possiamo assolutamente permettere”. 

E non sono state ascoltate nemmeno un gruppo di donne, capitanate dall’avvocatessa Andrea Catizone, che si è fatta promotrice di una lettera aperta che centinaia di donne della società civile hanno firmando per chiedere alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e al governo di prendere provvedimenti per evitare di “scaricare sulle donne e sui minori il peso di una crisi”. Quello che le donne chiedono è riassunto in cinque punti: “interventi immediati sull’edilizia scolastica per garantire la riapertura delle scuole al massimo a settembre, utilizzando anche le risorse europee per aumentare gli spazi richiesti dal distanziamento sociale”; provvedimenti specifici e urgenti per le famiglie con figli diversamente abili”, la dotazione di “adeguati supporti tecnologici e connessione per seguire le lezioni a distanza” e “programmare fin da ora la fase estiva per il periodo in cui i genitori dovranno rientrare al lavoro”.

Anche il sindaco di Parma Federico Pizzarotti ha criticato vari punti dell’ultimo Dpcm e fra questi proprio ciò che riguarda la gestione dei figli: “Bene il bonus babysitter, bene il congedo parentale – dice Pizzarotti – ma non possono essere la risposta al problema, che il governo sappia dare indicazioni più chiare alle famiglie che dal 4 maggio ritorneranno a lavorare”.

La scuola italiana, paradossalmente in questo periodo di grande difficoltà, ha fatto passi enormi, riuscendo ad attivare la didattica a distanza per quasi tutti gli ordini: dalle elementari fino alle superiori, anche recuperando device per chi non li possedeva. Molti di noi non avrebbero scommesso sulla riuscita di questo processo. Ma la scuola, lo sappiamo bene, è fatta anche di luoghi fisici, di spazi di relazione e di rapporti diretti fra alunni e insegnanti. E a settembre a che punto sarà la messa a norma degli edifici scolastici? Come si potranno conciliare edifici che sono stati predisposti decenni fa (se va bene) con il distanziamento sociale richiesto oggi?

Siamo sicuri che al suono della campanella autunnale sarà possibile riaprire?

Tatiana Cogo

lombatti_mar24