
Fabio Faccini, presidente del Consorzio Solidarietà Sociale, che rappresenta una trentina di imprese sociali del territorio, tra cui la cooperativa Si può fare, interviene sulla chiusura della comunità per minori “La Ciurma”di Fornovo e sul dibattito che essa ha suscitato.
“Due aspetti del dibattito hanno richiamato la nostra attenzione – esordisce Faccini -, il primo è la convinzione, da parte del Comune, che gli atti di vandalismo compiuti a Fornovo negli ultimi anni e il conseguente disagio sociale che si è determinato, siano sostanzialmente ascrivibili alla presenza della comunità per minori “La Ciurma” e a responsabilità della cooperativa Si può fare, quale ente gestore. Il giudizio è stato netto e inequivocabile e sulla base di questo assunto, l’amministrazione comunale ha imposto la chiusura della comunità (non quella della cooperativa) sollecitandone il trasferimento in altri territori”.
“Al di là delle opinioni e dell’apprezzabile sforzo nel tutelare la qualità di vita dei cittadini, non esistono riscontri tangibili a supporto di questa tesi e a nulla è valso, da parte della cooperativa, lo sforzo di portare alla discussione dati, elementi di valutazione e riscontri oggettivi che contraddicono o, quanto meno, ridimensionano drasticamente tale premessa”.
“La cooperativa Si può fare afferma che in 13 anni di accoglienza e 188 giovani ospitati nei progetti della cooperativa, sono sei i ragazzi denunciati per atti compiuti sul territorio di Fornovo di cui tre all’interno della struttura e segnalati dagli educatori stessi in una proficua collaborazione con le forze dell’ordine locali. Tanti episodi di cronaca recente sono stati imputati in maniera pregiudizievole ai nostri ragazzi; episodi di cui erano completamente estranei, come le indagini hanno poi confermato”.
“Si è preferito scegliere la strada più comoda, quella dell’individuazione dei colpevoli a cui addossare ogni colpa, peraltro in presenza di nuovi atti vandalici che, evidentemente, non possono riguardare la Comunità che ha smesso di esistere”.
“Il secondo aspetto che ci ha colpito è l’illusione che il malessere delle nuove generazioni possa essere affrontato rimuovendone i sintomi, anche in momenti così complessi e segnati da un forte incremento del disagio sociale, dall’aumento della povertà educativa e della condizione di ritiro sociale per molti giovani”.
“Nessuna accondiscendenza verso fenomeni di devianza che vanno segnalati e gestiti – e la storia della Si può fare è lì a dimostrarlo – ma al tempo stesso piena consapevolezza che questi problemi riguardano anche i nostri territori e necessitano di un presidio e di servizi adeguati”.
“Un progetto educativo ha successo – come ha scritto la cooperativa – se collocato dentro a una comunità, se è sostenuto da una volontà politica che oggi non percepiamo su questo territorio”.
“Ha ragione la consigliera Cunegondi, delegata ai Servizi Sociali del Comune di Fornovo quando ha spiegato che la chiusura della cooperativa non è stata una richiesta dell’attuale Giunta, ma una decisione assunta dall’assemblea soci della Si può fare, sulla base di una semplice condizione: la difficoltà di continuare ad operare in un territorio in cui le difficoltà nel lavoro di cura delle persone vengono acuite da ostilità e pregiudizi diffusi”.
“La Si può fare ha deciso di chiudere i propri servizi e le attività per procedere alla liquidazione della cooperativa. Comunque la si veda, ciò rappresenta una sconfitta per tutta la comunità e impoverisce la rete solidale, così presente e attiva in questo territorio – conclude Faccini”.