“I servizi educativi stanno funzionando a pieno regime e in sicurezza”. INTERVISTA ad Andrea Pezzatini, direttore di ParmaInfanzia

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Andrea Pezzatini

A un mese e mezzo dall’apertura di asili nido e scuole dell’infanzia tre sono state le sezioni messe in quarantena a causa del Covid-19.

Dopo aver intervistato l’assessora comunale Ines Seletti (LEGGI), abbiamo fatto il punto per capire come stanno funzionando i servizi, ma anche quali sono le reazioni dei bambini e delle educatrici dopo il lungo periodo di chiusura, con Andrea Pezzatini, direttore di ParmaInfanzia, società che ha per soci il Comune di Parma (al 51%) e Proges (49%) e gestisce 17 servizi, 73 sezioni (tra nidi e scuole dell’infanzia) e circa 230 educatrici e altrettante ausiliarie. Sono 2.000 le famiglie coinvolte.

“Rispetto a quello che immaginavamo qualche mese fa, tutto sommato non va male – spiega Pezzatini -. I servizi si possono ritenere a pieno regime. Prima di partire ci sembrava più complicato di come è in realtà; tutto sta funzionando e possiamo dire che la scuola in generale, per le norme applicate è uno dei luoghi più sicuri nei quali i bambini possono fare esperienze.

Il dato emerge anche dalle scuole di grado superiore dove si registra un certo numero di positivi, ma non sono stati trovati focolai. Questo ci dice che le modalità con cui si muovono adulti e bambini nelle scuole funziona”.

Questi sono luoghi in cui il contatto è molto importante sia tra bambini che con le educatrici. Come stanno vivendo questo momento?

Le educatrici erano preoccupate, avevano timori per la ripresa dopo un evento del genere, soprattutto sul come ritrovare il valore educativo-pedagogico in queste condizioni. Questa è una storia che nessuno ha scritto prima. L’esperienza delle aperture estive è stata importante per la programmazione dell’attività. Quando non c’è improvvisazione e alle spalle c’è una storia, esperienza e regole ben definite, anche in una situazione come questa è possibile mettere in piedi esperienze educative, anche se non possiamo fare tutto quello che facevamo prima.

L’elemento determinante è stato il patto di responsabilità reciproca firmato dalle scuole e dalle famiglie. Il rischio zero naturalmente non esiste, ma l’igiene, l’uso delle mascherine, la bolla cioè l’isolamento delle sezioni, sono molto importanti. I genitori sono consapevoli che anche loro devono adottare misure e attenzioni del caso. Perché non conviene a nessuno andare in contro al rischio di chiusura. Vedo senso di responsabilità anche da parte dei genitori, anche se le eccezioni naturalmente ci sono, come sempre.

I bambini più grandi, quelli che hanno già vissuto la scuola materna cosa vi riportano, notate differenze, quale è il loro punto di vista?

Decisamente la felicità di aver ripreso supera quasi tutto. Fra i bambini che erano già nella scuola e tra i più grandi, abbiamo trovato qualche cambiamento e non sempre in meglio. Il lockdown ha messo a dura prova le famiglie, soprattutto quelle dove le relazioni erano già un po’ faticose; la mancanza di una valvola di sfogo non ha certo aiutato. Qualche difficoltà si vede. Ma la felicità è stato il sentimento prevalente.

C’è un piano B in caso di lockdown parziale o chiusura di alcuni servizi?

Sì, il progetto “Lontani, ma insieme”, quello che si è attivato a marzo e che ha visto impegnate tutte le educatrici nel cercare un contatto con le famiglie in un modo diverso, attraverso videochiamate, lettere, messaggi, tutorial, utilizzo di piattaforme e cloud su cui sono stati caricati materiali didattici. All’epoca è stato un momento di grande spaesamento; abbiamo chiuso a fine febbraio pensando che si sarebbe riaperto nel giro di poco tempo, poi si è capito che non sarebbe andata così e dopo un po’ abbiamo cominciato a pensare se, avremmo potuto riaprire. Quando abbiamo colto che avremmo dovuto interagire in quelle condizioni, è partito questo progetto e se dovesse esserci una sospensione, ripartiremmo con queste modalità a distanza; certo non ce lo auguriamo!

Lunedì è iniziato l’orario prolungato, fino alle 18 in tutte le sezioni, che sforzo è stato quest’anno e in queste condizioni?

Il servizio di orario prolungato è realizzato sia nelle scuole dell’infanzia che nei nidi da ParmaInfanzia in collaborazione con l’Aassociazione Zazì e le cooperativa Kaleidoscopio e Proges, per tutti i servizi anche quelli comunali. È stato quindi un grande sforzo organizzativo. Prima, i bambini delle diverse sezioni venivano messi in un unico gruppo per fare l’orario prolungato, ma ora non si può, perché esiste appunto la separazione, la famosa “bolla”. Quindi abbiamo dovuto attivare il servizio per ogni sezione. È stato necessario un lungo confronto con il Comune di Parma, perché quest’anno la gestione è più onerosa e più complessa; pensiamo solo al triage, all’incremento degli oneri della sicurezza e al fatto che abbiamo dovuto aumentare l’organico con più di 70 persone. Una sinergia tra pubblico e privato che non ha eguali in nessuna provincia italiana, tenendo conto che molti comuni hanno rinunciato proprio all’estensione del tempo prolungato.

Cosa si aspetta da questo anno scolastico?

Dobbiamo arrivare a giugno con i servizi aperti, gestendo al meglio le crisi (quarantene) che inevitabilmente ci saranno. A parte questo, in generale mi aspetto che questa storia ci lasci un’eredità per i servizi educativi. Ci sarà un momento in cui ci siederemo attorno a un tavolo per riflettere e fare ricerca educativa. Ci sarà un ragionamento su cosa si può migliorare: dal rapporto con le famiglie, all’inclusione del bambino con gravi difficoltà, all’organizzazione degli spazi per renderli più comprensibili e utilizzabili. Abbiamo visto che anche in una situazione di grandissima difficoltà la resilienza c’è anche in molti bambini, così come c’è la capacità di trovare soluzioni anche in quelle famiglie con maggiori problematiche. Ora ci siamo dentro e la nostra percezione sarà diversa da quando potremo osservare dall’esterno e fare valutazioni a livello pedagogico.

Sappiamo quanto le esperienze precoci siano incisive e influenti sull’evoluzione delle persone a medio e lungo termine. L’esplosione della socialità avviene tra il nido e la scuola dell’infanzia tra i tre e quattro anni. Che bambini saranno quelli nati tra la fine del 2019 e inizio 2020 che non hanno vissuto l’esperienza dell’abbraccio libero? E quelli che nel 2020 hanno compiuto i tre o i quattro anni? Sicuramente percepiscono una socialità profondamente disturbata, rispetto ai nostri canoni. Che adolescenti diventeranno?

Tatiana Cogo

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