Il Silenzio della clausura

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Chi non conosce o non capisce spesso disprezza: dicono che sono esistenze prive di utilità, non aiutano nessuno, non accudiscono i nostri malati, non accolgono i migranti, scelgono la vita comoda della prigione della clausura perchè per loro vivere fuori è troppo difficile, sono delle codarde che fuggono dalla realtà perchè incapaci di viverla.

Sono tanti i luoghi comuni sulla vita contemplativa monastica, in larga parte declinata al femminile, che si fonda su silenzio, ascolto e obbedienza.

Il grande silenzio. In clausura l’unica forma di espressione verbale è la preghiera perenne che diventa esegesi vivente della Parola di Dio e testimonianza visibile di misteriosa e multiforme santità.

Entrando tra i confini invalicabili di un monastero non si vuole lasciare il mondo dietro di sé, lo si porta dentro, nella forma suprema, per l’appunto, della preghiera. Essa non è la recita in loop di vecchie scartoffie medioevali, è mettere la propria sensibilità ed esistenza al servizio dell’Umanità e della ricerca di Dio.

Alla clausura vogliamo dedicare una rubrica per farne conoscere il significato, la storia, le regole e il valore inestimabile ed irrinunciabile per la Chiesa. E’ un mondo nel mondo che pulsa e deve essere scoperto.

Si può essere credenti, atei, financo marxisti leninisti, ma non si può non riconoscere nella vita contemplativa una storia d’amore appassionata che ripropone all’uomo e alla donna di oggi il modello casto, povero e comunitario di Gesù.

La scelta della vita nascosta in Dio, cristocentrica, totalizzante tra le mura di un monastero, è il sacrificio estremo e gioioso di donne che devono meritare il rispetto, se non l’ammirazione o la gratitudine, di tutti, anche dei non credenti. Perfino degli agnostici che ritenessero la preghiera solo uno spostamento d’aria o una scorciatoia per prendere sonno.

Se vogliamo vederla da sinistra, siamo davanti alla stessa radicalità di Che Guevara quando diceva che “bisogna dare la vita per quello in cui crediamo. Non possono esservi transazioni, non possono esservi mezzi termini. La vittoria deve essere totale.”

Credere o non credere diventa secondario davanti all’abbandono generoso, disciplinato e unilaterale a favore della collettività umana.

Andrea Marsiletti