Lettera aperta di Pagliari a Enrico Letta

29/12/2009
17.10

Caro Enrico,
La Tua intervista al Corriere della Sera del 30.11 u.s. mi aveva indotto a scriverTi. La lettera è rimasta aperta fino al ferimento dell’on. Berlusconi e, a quel momento, è stata accantonata.
Le ultime vicende mi hanno spinto a riprenderla in mano e a completarla con il solo fine di rappresentarTi – in tutta cordialità – l’opinione di un iscritto a contatto con altri iscritti e con Elettori.
Difendersi “dal” processo non è mai lecito, difendersi “nel” processo sempre.
Difendersi “dal” processo usando la maggioranza parlamentare per leggi che evitano a se stessi di doversi difendere “nel” processo, è possibile solo nei regimi autoritari.
Su questo non si può lasciare spazio ad equivoci. E il PD non può tacere che, se ciò è accaduto e (temo) accadrà in Italia, è perché la costituzione materiale italiana, ormai in antitesi con quella scritta del 1948, è sempre più improntata ad una visione incompatibile con i principi democratici.
Questo non significa né scadere nell’antiberlusconismo fine a se stesso (e perdente) né accodarsi all’on. Di Pietro, ma vuol dire essere chiari e politicamente coerenti; nel popolo PD c’è una forte domanda di uscire dai mille tatticismi e di rappresentare chiaramente l’identità del partito a partire dai valori fondanti. Ed uno dei punti è sicuramente questo perché tocca uno dei fattori di discrimine tra il modello democratico, come si è consolidato dal 1789 in avanti, e i sistemi totalitari, che si sono sempre caratterizzati sia per l’impunità del leader, sia per l’assoggettamento dell’ordine giudiziario al potere politico.
La saldezza e la fermezza della posizione di principio non impedirebbero – ma, anzi, rafforzerebbero – la possibilità del confronto sulle riforme, comprese quella della giustizia. Quest’ultima dovrebbe essere una delle priorità programmatiche: una sfida da giocare a tutto campo per una – VERA – riforma della giustizia.
La sua crisi, infatti, è tra le cause della vittoria “culturale” del leader del PdL, che Tu giustamente denunzi.
Il modello socio-politico del “vincere ad ogni costo”, dell’ “arbitrio”, della “politica al servizio”, delle istituzioni funzionalizzate all’interesse di pochi e del privilegio per i “clientes” è favorito – vorrei dire: oggettivamente, promosso – dalla paralisi della macchina giudiziaria, dai tempi infiniti di tutti i tipi di processi e della conseguente possibilità di “confidare” nella giustizia a copertura delle azioni illecite.
La crisi giudiziaria è strutturale, organizzativa, funzionale e culturale. Risolverla significa affrontare in radice e senza timidezze un problema, che non può essere ridotto a qualche “storico” ritocco ai codici di procedura: l’attuale Ministro della Giustizia si muove in questo modo perché tutto ha di mira tranne la “rivoluzione”, che fumosamente proclama.
Bisogna ripensare, in radice, il modello organizzativo, la governance delle singole strutture giudiziarie (una dirigenza tecnico-amministrativa per l’apparato, ferma restando la posizione di vertice del Presidente-magistrato?), l’articolazione degli uffici a disposizione dei singoli Magistrati (perché non devono avere collaboratori tecnico-giuridici?) e la carriera dei Magistrati (dai canali di accesso a quelli di progressione). E, insieme, dovranno essere previste dotazioni di personale e finanziarie realmente adeguate.
L’amministrazione della giustizia, infatti, può essere obbligata a tempi di svolgimento (in qualche misura) predefiniti, purché ci siano le condizioni oggettive perché questi ultimi possano essere rispettati: oggi non è così.
Mi auguro, quindi, che il PD sia promotore di una propria proposta organica e provochi il dibattito in Parlamento.
Il rischio è, altrimenti, quello di essere messi nell’angolo da chi pensa che all’on. Berlusconi una via di uscita “dai” processi sia da concedere.
Attenzione! Se è vero che, in politica, impera l’aurea regola machiavellica de “il fine giustifica i mezzi”, non è men vero che non possono essere giustificati i mezzi che ammazzano il fine. E una legge “ad personam”, come premessa della riforma della giustizia, cancellerebbe la democrazia e la stessa possibilità della giustizia, che si fonda sulla legge uguale per tutti.
Nel darTi atto che le Tue dichiarazioni odierne vanno in tal senso, Ti porgo i migliori saluti ed auguri.

Giorgio Pagliari
Capogruppo PD
Consiglio Comunale di Parma 

    

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