L’orrore di Auschwitz nella teologia ebraica (di Lorenzo Lasagna)

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TeoDaily – La Shoah, col suo tremendo bilancio di sangue e il suo eccezionale valore simbolico, pose l’intero popolo ebraico (proprio come oggi nel Giorno della Memoria) di fronte all’impensabile. Due erano le domande, sconvolgenti, che essa sollevava: dov’era Dio nell’ora del genocidio? e perché la prova sovrumana dello Sterminio era toccata proprio agli ebrei, legati alla divinità dalla promessa dell’Alleanza?

La prima questione conteneva la seconda, e appariva inconciliabile con le fondamenta stesse del monoteismo giudaico: come si poteva cercare un senso nell’abisso spalancato dal Behemoth1 hitleriano?

Per alcuni pensatori ebraici la portata dell’evento era tale che nessuna parola e nessun linguaggio umano avrebbero mai potuto coglierla: celebre (e controversa) fu la tesi del filosofo Theodor W. Adorno, secondo il quale nessuno poteva pensare “di spremere dal destino [delle vittime di Auschwitz] un qualche senso, per quanto esiguo”.


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Lo stesso Adorno in seguito volle precisare (e ridimensionare) la portata della sua affermazione. In tanti (tra i quali il poeta ebreo Paul Celan) avevano obiettato che la rinuncia a interrogare la Shoah avrebbe significato la resa, ultima e definitiva, alla logica dello Sterminio.

Tuttavia, se il silenzio non era una scelta moralmente accettabile, la ricerca di un significato in quanto era accaduto nei campi nazisti e nei ghetti d’Europa non offriva appigli di sorta. A tremare era l’architettura teologica eretta sulla Torah e su secoli di studi talmudici: quale divinità, ci si domandava, poteva lasciar morire nei modi più atroci le sue creature predilette, e tra loro anche i giusti, gli inermi, gli incolpevoli?

In una famosa conferenza del 1984, il filosofo ebreo Hans Jonas provò a chiarire i termini della questione. Non vi era – sostenne Jonas – alcuna proporzione tra le colpe commesse da Israele e l’oltraggio della Shoah. Cosa si poteva dire, allora, di un Dio che aveva permesso l’annientamento del suo popolo? Jonas affermò che dopo Auschwitz non era più possibile attribuire alla divinità i predicati della bontà, dell’onnipotenza e della conoscibilità. Se il Dio che ha guardato gli ebrei entrare nelle camere a gas senza intervenire è un Dio buono e onnipotente, dobbiamo rinunciare a pensare che sia anche conoscibile. Se egli è razionalmente conoscibile ed è onnipotente, allora non è certo un Dio buono. L’azzardo di Jonas fu puntare sulla terza, ‘scandalosa’ possibilità, cioè che Dio non sia onnipotente: “Dio tacque. Ed ora aggiungo: non intervenne, non perché non lo volle, ma perché non fu in condizione di farlo […] Propongo quindi l’idea di un Dio che […] ha abdicato ad ogni potere di intervento nel corso fisico del mondo. […] La creazione fu l’atto di assoluta sovranità, con cui la Divinità ha consentito a non essere più, per lungo tempo, assoluta – una opzione radicale a tutto vantaggio dell’esistenza di un essere finito capace di autodeterminare sé stesso” [l’Uomo n.d.r.].
C’è tuttavia un’altra possibilità. Forse l’equazione di Jonas può essere accolta, ma è sul versante del mistero, cioè della non-conoscibilità di Dio, che l’Alleanza tra Dio e Israele potrà nuovamente fondarsi.

La figura sapienziale che incarna la sofferenza del giusto è naturalmente quella di Giobbe, e proprio alla vicenda di Giobbe si guarderà nel tentativo di spiegare il male assoluto della Shoah. Il prezzo da pagare, in questa ipotesi teologica, è però l’accettazione dell’enigma come essenza stessa del divino. Giobbe si ribella, alza il suo grido sino al cospetto del Creatore, ma la sua protesta non giunge mai a conclusioni ateistiche o razionalistiche. Essa anzi coesiste con l’incertezza, lo scacco della ragione, la sottomissione. Un prezzo troppo alto da pagare, davanti alla Soluzione Finale?

Come spesso accade, la cultura ebraica non ci parla con una sola voce. Certo, la pretesa da parte dell’uomo di comprendere le ragioni del divino è destinata al fallimento, e se per alcuni pensatori il silenzio di Dio durante lo Sterminio implica una riscrittura dell’Alleanza, per altri la Shoah è una colpa che in ultima analisi non ricade sulla divinità, ma unicamente sull’Uomo e sul Mondo.

Lorenzo Lasagna

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