Baritono parmigiano inaugura l’Arena di Verona

INTERVISTA

Intervista a Luca Salsi, baritono parmigiano di fama internazionale e protagonista di Nabucco all’Arena di Verona.

E’ stato soprannominato il “Superman del Metropolitan” perché nel giro di sette ore è riuscito a cantare due opere! Ha calcato le scene del Washington Opera, di Tel Aviv, Berlino, Los Angeles e poi del Teatro alla Scala, Teatro Regio di Parma, Napoli, Cagliari, Genova. In questa stagione all’Arena di Verona Luca Salsi è stato protagonista di Nabucco, opera a calendario fino a settembre. Nabucco è il terzo titolo più rappresentato in Arena dopo Aida e Carmen.

Lavorare in Italia e lavorare all’estero nel settore della lirica: quali sono oggi le principali differenze?

L’Italia è la patria dell’Opera lirica e anche il pubblico è amante e competente. La differenza fondamentale, a parte pochissimi teatri, è che all’estero pagano il tuo lavoro subito dopo che hai finito di eseguirlo. In Italia in moltissimi teatri, anche importanti, devi aspettare mesi per non dire anni.

Il Nabucco all’Arena di Verona… uno spettacolo mozzafiato con regia di Zeffirelli. Come racconta questa esperienza, anche alla luce del fatto che sono due anni che lei inaugura l’apertura della stagione all’Arena? Che emozione dà cantare ed essere il protagonista di questo palcoscenico calcato dai più grandi artisti del ‘900?

E’ una magia unica! Un teatro incredibile ed unico al mondo… sono letteralmente innamorato dell’Arena di Verona. Ho avuto il privilegio di inaugurare le ultime due stagioni e soprattutto quest’anno con il titolo areniano per antonomasia: Nabucco!

Essere il protagonista di quest’opera per questa apertura di stagione è stata un’emozione straordinaria che mi resterà nel cuore per sempre. Non credo che a tanti possa capitare una occasione simile e io ringrazio di cuore chi mi ha dato questa possibilità. Ho molto rispetto per il passato e per i grandi cantanti che hanno calcato le scene di quelle tavole negli anni. Per questo entro sempre in palcoscenico con una sorta di reverenza e di emozione che provo davvero in pochissimi posti.

L’innovazione nella regia e i grandi effetti scenici sono una risposta interessante per un’esigenza di trasformazione e modernizzazione del teatro e della rappresentazione lirica?

Sono sempre ben disposto al “nuovo”, a patto che non venga mai toccata la musica, la drammaturgia del libretto e l’idea del compositore… ben vengano gli effetti, le innovazioni, la tecnologia e tutto quello che può servire per “ringiovanire” l’opera, ma lasciamo che i grandi compositori che hanno dato la loro vita per questo riposino in pace e non si rigirino nella tomba… come purtroppo, ahimè, accade spesso.

Come lo immagina il nostro teatro Regio di Parma tra una decina d’anni? Crede che si possa tornare agli splendori passati in termini di qualità delle rappresentazioni e soddisfazione del pubblico? Che consiglio darebbe agli amministratori del nostro teatro?

Preferisco non rispondere a questa domanda. Dico solo che mi mette molta tristezza tutto quello che sta succedendo a Parma, ma non solo nel teatro, direi in tutta la città, che amo con tutto me stesso, ma che non riconosco più in nulla.

Lei ha una meravigliosa voce da baritono verdiano e in un certo senso, viste le sue origini parmigiane, si può dire che Verdi sia un po’ nel suo dna. Quali sono le differenze tra cantare Verdi ed altri autori? Quali consigli darebbe ad un giovane baritono per interpretare Nabucco?

Io credo che chi sa cantare Verdi possa cantare tutto il resto. Non il contrario. Per cantare Verdi non è indispensabile una grande voce, sono tutte leggende e retaggi che ci portiamo dietro ormai da troppo tempo e vizi purtroppo di una tradizione che si è inculcata nella testa e nelle orecchie della gente. La cosa più importante per il repertorio verdiano è capire la parola scenica. La musica di Verdi è sempre legata al testo, sempre! Quindi ogni azione drammatica o amorosa o battagliera è legata a quello che si sta cantando e dicendo sopra le note che sono solo un mezzo di trasporto per far emergere sentimenti ed emozioni. Chi esce da questo binario per un mero e semplice effetto “tira applauso” non ha capito nulla di quello che questo grande compositore volesse.

Il consiglio che do a tutti coloro che iniziano a studiare opere così complicate, sia dal punto di vista vocale che interpretativo, è di leggere bene quello che stanno cantando, di attenersi al massimo a quello che il compositore vuole (Verdi scrive tutto) e di cercare sempre, con la tecnica a posto chiaramente, di dare più importanza alla parola scenica che al suono bello.

Ma questo vale per tutte le opere, non solo per il Nabucco… in generale quando uno pensa al significato di quello che sta cantando, il suono bello o brutto esce solo in base al momento.

G.P.

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