Habiba Faissal, talento parmigiano dell’atletica: “Le Olimpiadi? Sarebbe molto bello”

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Ha iniziato a praticare atletica a 5 anni: Habiba Faissal, che oggi di anni ne ha quasi 17, è una delle giovani promesse targate Cus Parma.

Forse anche qualcosa in più di una promessa visto che ha già raggiunto primi importanti traguardi. Ai campionati italiani outdoor di settembre 2020 (che si sono disputati a Rieti) nella categoria allievi, ha vinto la medaglia d’oro nei 200 metri e la medaglia d’argento in staffetta, assieme alle compagne Francesca Orsatti, Jennifer Ezeoha e Giulia Maserati. Risultato opposto invece ai campionati italiani allievi indoor di febbraio 2020 (argento sui 200 m e oro in staffetta con le stesse compagne).
Semplice, solare, sorridente e soprattutto molto modesta, è difficile strapparle confessioni di grandi sogni, per questo abbiamo dovuto chiedere un parere anche alla sua allenatrice Chiara Sfulcini.

Ma partiamo dall’inizio.

Perché l’atletica?

Mia madre mi ha indirizzato verso uno sport più movimentato rispetto a quelli che le bambine mie coetanee frequentavano, perché ero piuttosto vivace per non dire iperattiva… E proprio per scaricare tutta questa energia che avevo dentro. A me piaceva perché correvo, giocavo con altri bambini e parte del gruppo che si è creato allora, è ancora quello di oggi; ci portiamo dietro un’amicizia da tanto tempo. Mi sono appassionata, e correre con i miei amici mi rendeva e mi rendeva tuttora felice.

Quale è il tuo sogno più grande a livello sportivo?

Sento molti che parlano di vittorie, traguardi da raggiungere, vincere un campionato importante. Io non sento questo desiderio verso l’atletica, sento la passione e vorrei non perderla mai. Certo vincere mi rende felice, ma correre di più e stare bene mentre lo faccio, è quello che mi fa andare avanti.

È questa la mia motivazione più grande. Quindi il mio sogno è non perdere la passione che mi avvolge.

Come concili l’allenamento che è di due ore per quattro volte la settimana con lo studio?

Io frequento una scuola piuttosto impegnativa con orari particolari prolungati fino alle 16.30 (la Scuola per l’Europa ndr) però i miei allenatori mi sono sempre venuti incontro organizzando allenamenti appositamente per farmi partecipare. Sembrano piccole cose ma non è così, a me scaldano il cuore, perché è un discorso di inclusione. Provo molto affetto per i miei allenatori e sono figure davvero importanti che hanno influito nella mia formazione e crescita e sulla mia visione dell’atletica. Per me è difficile conciliare studio e allenamento, ma sono scelte che ho fatto io, sia per quanto riguarda la scuola che per lo sport a questo livello e quindi se ci sono sacrifici da fare, li faccio.

E dopo le superiori proseguirai gli studi e se si, cosa vorresti fare?

Sì assolutamente, a me piacerebbe frequentare medicina. Mio padre è medico (si è trasferito dal Ciad per studiare e si è laureato a Parma ndr) questo ha influito molto sulla mia visione della medicina, l’ambito medico mi ha sempre appassionato. Vedo davanti più la carriera lavorativa che la vita sportiva e probabilmente se dovessi scegliere darei la priorità allo studio e al lavoro, anche se sicuramente continuerò a correre.

Quindi se ti dico Olimpiadi di Tokio?

Ora come ora vado avanti giorno per giorno, ora sto cercando di risolvere un piccolo problema fisico che mi porto dietro da un po’. Vediamo come va, sarebbe una bella cosa, ma non è il mio obiettivo. Io cercherò sempre di dare il meglio e se qualcosa verrà, ne sarò felice e ce la metterò tutta.

Cosa ha rappresentato per te il 2020?

Una sfida. Mi è servito per valutare la ‘misura’ della mia passione verso l’atletica. Io ho continuato ad allenarmi, nonostante non vedessi nessuno, non ci fossero gli allenatori, nello stesso ambiente senza tutti gli attrezzi di cui disponiamo di solito e facendo anche cose che non mi piacevano, come per esempio correre nel mio giardino… Quindi grandi sessioni addominali e flessioni. E poi cercare di riprendere a correre con la stessa facilità di prima era quello che mi interessava; in questo senso la sfida.

Che passioni hai oltre all’atletica?

La musica. Io suono il pianoforte, prendevo lezioni settimanali anche se per ovvie ragioni, lo scorso anno, ho dovuto smettere. Suono senza grandi pretese le cose che mi piacciono. Io propongo le canzoni e la mia insegnante mi procura lo spartito. Ho suonato i Queen, Ed Sheeran, Frank Sinatra e Massimo Ranieri!

Quando corri a cosa pensi?

In generale a niente. Ma dipende anche dalla tipologia della gara. Solo quando faccio le gare più veloci, sui blocchi cerco di pensare ai movimenti corretti, ripercorro quello che devo fare, ma non sempre ci riesco.

Scaramanzie particolari?

L’atletica è uno sport individuale, ma in realtà non si è mai da soli. Le gare che mi sono andate meglio hanno avuto una costante: la presenza della mia allenatrice, ora però sta per dare alla luce il suo bambino e non potrà essere con me ai campionati italiani (14 febbraio prossimo ndr). Quindi vedremo.

Chiara Sfulcini, cosa vedi nel futuro di Habiba, che atleta è?

Il suo valore aggiunto è proprio il fatto di riuscire a conciliare lo studio con l’allenamento. Sì è vero è modesta, deve prendere un po’ fiducia, veniva da un mondo di giovani in cui tutto è divertimento e gioco, ora invece le situazioni cominciano a cambiare. Gli avversari sono di un altro calibro e forse si sente un po’ spaesata, ma è il suo bello. Non si monta la testa che è ben posizionata sulle spalle. Tutto questo giocherà a suo favore. Essendo molto giovane è difficile prevedere cosa succederà in futuro, sicuramente le qualità per fare bene le ha, ma non voglio montarmi la testa nemmeno io. È da quando era esordiente che avevamo capito il suo talento; è ovvio che questo va gestito.

Quindi ci sarai ai campionati italiani per la sua scaramanzia?

No, non posso proprio (ride ndr) e sicuramente sfateremo questo mito. Lei poi ne ha un’altra: deve sempre mangiare una bustina di zucchero prima della gara, è un retaggio di quando era esordiente e ancora adesso non sono riuscita a togliergliela…

Tatiana Cogo