Aeroporto di Parma: che fare?
Per me i capisaldi di questa complessa e annosa questione sono tre.
1) L’aeroporto è un’infrastruttura che la nostra città deve difendere con le unghie. Certo, oggi i voli esistenti (Cagliari, Chişinau, Lampedusa, Malta, Trapani) sono quelli che sono, buoni per i parmigiani per andare al mare d’estate e per le badanti per tornare in Moldavia, poco di più. Anche perchè in pochi sanno che in un’ora di pullman da Chisinau si arriva a Tiraspol, la meravigliosa capitale dello Stato non riconosciuto della Transnistria, filo sovietica, filo russa, nostalgica, romantica (qualche anno fa ci trascorsi la festa di San Valentino). Per tornare al Verdi, servirebbero collegamenti “incoming” da qualche capitale europea (cioè per portare a Parma gli stranieri) piuttosto che “outgoing” (per portare qualche parmigiano in vacanza). Se si riuscisse a collegare Parma con Parigi, Berlino, Barcellona, Mosca, Londra sarebbe un colpo da maestro, la nostra città farebbe un salto in avanti pazzesco per prestigio, visibilità, indotto economico.
2) Tutti i candidati sindaci votati dai cittadini solo qualche mese fa si sono espressi in modo inequivocabile sul no ai cargo e sul sì ai voli passeggeri. Piaccia o non piaccia questo è stato il pronunciamento unanime della politica locale. Piaccia o non piaccia il comitato No Cargo ha imposto un’egemonia culturale e ha vinto. Punto. Va da sè che il sindaco Guerra abbia riconfermato la sua posizione anche dopo il voto.
3) L’Unione Industriali di Parma ha svolto, mai come in questa occasione, un ruolo decisivo e meritorio sostenendo economicamente il Verdi per anni. Se siamo ancora qui a parlare di un aeroporto a Parma è grazie all’UPI che ha investito ingentissime risorse per ripianare i bilanci, per difendere questo potenziale volano per la città, non certo per consentire l’atterraggio di qualche jet privato. Non si può non riconoscerlo. Poi si può e si deve discutere se i cargo siano la genialata per far quadrare i conti, e se siano l’unica opzione per farlo.
Quindi?
Per me la soluzione del problema deve obtemperare a questi tre capisaldi. Per il resto non sta certo al sottoscritto ipotizzare piani industriali o alleanze con Orio al Serio di Bergamo piuttosto che con Bologna.
Mi pare di percepire un attivismo silenzioso del sindaco Guerra per trovare una soluzione e dare un futuro e sopratutto uno sviluppo al Verdi.
La speranza è che possa essere la volta buona.
Sarebbe l’unico a esserci riuscito.