Natività, religione e spiritualità. INTERVISTA al sindaco Michele Guerra: “I tanti natali di Parma sotto l’albero in piazza Garibaldi”

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Michele Guerra, sindaco di Parma

Sindaco, cos’è per te il Natale?

Per me il Natale è qualcosa di collegato ai ricordi di bambino, alle feste nella casa dove oggi vivono i miei genitori quando intorno a me c’erano ancora tutti i nonni e parenti. La mia era una piccola famiglia che però in quei giorni si ritrovava insieme con enorme calore.

Ancora oggi l’immagine che ho del Natale è quella fanciullesca.

Il Natale è un momento che si lega a buoni sentimenti, e quindi talvolta rischia di infarcirsi di retorica e di essere appiccicoso. Crescendo ho cercato di mantenere quella parte esteriore di buoni sentimenti nella consapevolezza delle contraddizioni che il Natale porta con sè.

Che Natale è il tuo primo da sindaco?

In questi giorni ho attraversato moltissime situazioni diverse per scambi di auguri, saluti, confronti e doni. Ho visto i diversi natali della città di Parma: il Natale religioso, il Natale multiculturale, il Natale completamente slegato dalla fede e che vive solo i giorni di vacanza, quello delle persone più bisognose e sofferenti o di chi coglie l’occasione per riflettere su quello che ha perso e vorrebbe ritrovare, di chi lavora, di chi fa il volontario.

L’idea che mi rimane dentro resta quella di un momento di ricongiungimento con la base più profonda dei nostri affetti, che si allarga alla necessità di rendersi conto di quali e quanti significati voglia e debba trasmetterci realmente il Natale.

È come una grande metafora di solidarietà e di comunità, che vorremmo essere capaci di estendere a tutto l’anno, una metafora che lavora sulla bellezza dello stare insieme e stimola a capire che dietro questa costruzione della festa esistono nodi che non possiamo nasconderci e che anzi il Natale dovrebbe spronarci a tenere davanti agli occhi.

Cosa c’entrano le foto con i cani sotto l’albero in Piazza Garibaldi con la celebrazione di una festività cattolica?

Se è per questo, anche l’albero di Natale è un simbolo pagano. È evidente che il Natale parte da un concetto di natività molto profondo e collegato alla tradizione cattolica, che è consustanziale all’identità italiana, e per chi crede è il momento dell’incarnazione di Dio nella Storia.

Poi è diventato una festività che sospende la vita normale della Comunità, non si va a lavorare, le scuole chiudono, e piano piano entrano in questo percorso simboli pagani quali l’albero o Babbo Natale, in un sovrapporsi di narrazioni e tradizioni al tema religioso. Inoltre ci sono i regali e altre abitudini più materialistiche che si dispongono intorno al messaggio natalizio, ne indeboliscono la spiritualità e gradualmente diventano anch’esse una consuetudine sociale. Quindi esiste una socialità del Natale, che non è più soltanto religiosa, ma ospita simboli laici e iniziative (per me molto positive) quali quella degli animali in piazza Garibaldi da te citata.

Se oggi una persona viene in piazza sotto il Comune, luogo laico del governo della città, trova il presepe allestito da alcuni anni dalla Diocesi, trova gli angioletti attorno all’albero, il teatro, i cori e i mercatini che fanno tutti parte di quella costruzione sociale che il Natale è diventato. Il che non mi scandalizza affatto, è giusto che i cattolici identifichino il Natale come un momento importante dal punto di vista spirituale, e che i non credenti lo vivano come una più semplice sospensione della vita di tutti i giorni e un’occasione di ricongiungimento con gli affetti familiari. Il Natale è il giorno della natività e della famiglia, della “sacra famiglia” per chi crede e, in un evidente slittamento, delle nostre stesse famiglie. Siamo presi in una sorta di sacralità laica che in fondo ognuno di noi ricerca.



Religione e politica: quale rapporto?

Ricordo un mio professore universitario, tra i primi che ho avuto e seguito di più, Marzio Pieri, un grande italianista che ha insegnato per tanto tempo a Parma e che alla prima lezione di letteratura italiana premetteva che se si voleva comprendere la tradizione della letteratura occidentale bisognava leggere il libro da cui scaturivano tutte le storie: la Bibbia.

Ho iniziato a leggere metodicamente tutta la Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse, sera dopo sera, in forma sia religiosa, essendo io di formazione cattolica, che, come suggeriva un laico ateo come Pieri, come il grande canovaccio di tutte le storie che hanno caratterizzato la tradizione occidentale. A questa raccomandazione, Pieri univa il significato etimologico della parola “religione”, che vuol dire “tenere insieme”. Io uso sempre la parola “religione” con l’idea di esprimere una Comunità che sta insieme, intorno a qualcosa che unisce. Ciò rende religiosi molti temi: è religiosa la nascita di Cristo come può essere religiosa, e lo dico senza paura di suonare blasfemo, anche un’ideologia politica. Quindi le “parrocchie politiche” o le “grandi religioni politiche” esistono, non nel senso che conseguono a una rivelazione, ma per gli ideali che esprimono, ideali a cui le persone credono e con i quali si tengono insieme.

Il concetto di religione allarga il suo respiro, sebbene nel nostro Paese sia sempre stato inteso unicamente come religione cattolica, che è la nostra grande identità. Lo hanno detto persone più importanti di me: l’Italia non può non dirsi cattolica. Anche chi non crede è evidentemente inserito in un percorso che trova in questa radice qualcosa di molto significativo.

Andrea Marsiletti