TeoDaily – La religione è un fatto umano, sociale, culturale.
Tra i primi intellettuali a rifiutare sia il divino, sia la religione come Verità rivelata e trascendente fu Emmanuel Kant. Il filosofo tedesco vissuto a cavallo tra il ‘700 e l’800, considerava il concetto di Dio inarrivabile, ponendosi oltre l’umana esperienza e comprensione. Kant si dimostrò un vero rivoluzionario nel delineare così apertamente la sua visione, benché già Descartes nel 16° secolo avesse sviluppato il dubbio come metodo filosofico e di approccio alla vita. Voltaire scrisse feroci parole sul fanatismo religioso e instillò nei lettori questo dubbio: se la religione non proviene da Dio, da chi proviene?
Possiamo dunque considerare la religione un mero prodotto umano e intellettuale?
L’attenzione viene, da questo momento storico, puntata sull’Uomo e non su Dio. Non solo. La religione diventa non più un fatto collettivo e di Stato, ma una questione individuale. Sarà un altro illuminista, John Locke, a segnare formalmente questo passaggio. Questa svolta di pensiero epocale segna uno dei più profondi cambiamenti nella storia della cultura umana. Se la religione era da sempre stata affiancata agli affari politici, e le vicende dell’Europa medievale avevano fatto perno su questo, ora la religione diventa una questione privata.
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John Locke sancisce lapidario: “La cura delle anime non può appartenere al magistrato”.
Jean Bodin, già nel 16° secolo, scrivendo il “Colloquio dei Sette sul Sublime” immagina una conversazione di sette personaggi, molto diversi tra loro per estrazione sociale, a Venezia. Si accende tra loro un vivace dibattito su quale sia la vera religio. Il dialogo termina con l’affermazione del luterano secondo la quale nessuno può essere obbligato a credere contro la sua volontà.
È il tempo della nascita di entità varie e differenti cha ancora oggi chiamiamo “religioni”.
I fattori che portano a fondare la categoria del “religioso” e la relativa “scoperta” di varie religioni sono esogeni alla religione stessa. I commerci, la colonizzazione e la stampa sono le determinanti di un lungo periodo storico che va dal 13° al 16° secolo in cui l’Uomo europeo ed eurocentrico è messo più che mai davanti al concetto di Alterità.
Il primo e violento incontro con i Mongoli, invasori della Polonia nel 13° secolo, è solo il primo di una serie di sensazionali scoperte socio-culturali fatte dall’Uomo bianco europeo nel basso Medioevo e prima età moderna.
Nel 16° secolo emerge la differenza tra le popolazioni umane e l’Altro grazie all’Africa dove si insediano prima i commerci portoghesi poi quelli olandesi. Nello stesso periodo storico, gli inglesi arrivano in India e i missionari gesuiti in Cina.
La scoperta delle Americhe nel 1492 è il caso eclatante e dirompente di un’umanità eurocentrica ed autoriferita che intravede differenze e si pone domande.
Se il cronista delle prime spedizioni americane, Pietro Martire d’Anghiera dice, a proposito dei nuovi popoli incontrati: “non è possibile riconoscere né setta, né religione”, diverso è il caso dell’India dove vengono coniate dai colonizzatori inglesi, nel 18° secolo, le parole “hindù” e “induismo” senza che in loco esistano né termini, né concetti omologhi.
Arrivato a Capo di Buona Speranza nel 1704 l’astronomo Peter Kolbe abbandona presto ogni velleità di osservazione del cielo per concentrarsi sul fascino dei costumi indigeni, scoprendo culti lunari e culti dei defunti celebri degli ottentotti (l’attuale popolazione Khoi-Khoi).
In Giappone, a fine ‘800, si assiste alla vera e propria costruzione a tavolino della religione shintoista, creata dal nuovo regime imperiale e restauratore dei Meiji dopo la sconfitta del regime militare degli shogun.
Il problema allora è classificare tutte le religioni, processo ancora in atto nel contemporaneo. Una parentesi risolutiva alla questione si ha solo nel 20° secolo grazie al focus intellettuale sull’esperienza religiosa, intesa da Ann Taves come essenza di tutte le religioni. L’esperienza religiosa è pertanto una categoria sui generis, ma il punto di vista del credente è privilegiato e non deve essere spiegato in termini biologici o sociologici. SI potrebbe dire che l’esperienza religiosa ammette una deroga alla scientificità della prova.
È la fede la raison d’ être della religione, sostiene Karen Armostrong.
Del resto già Durkheim, nel 1912, sosteneva che ogni religione è vera perché i sentimenti umani non possono essere pura illusione.
Chiara Allegri
Bibliografia: Brent Nongbri “Prima della religione. Storia di una categoria moderna”. J.S. Jensen “Cos’è la religione”. Bernard -Gruzinski “Dell’idolatria”